La costante evoluzione clinica ed epidemiologica dell'infezione da SARS-CoV-2 impone un continuo aggiornamento delle politiche del farmaco, sia in ambito preventivo che terapeutico.
È sempre difficile tracciare linee di indirizzo definitive, perché le dimensioni del problema cambiano con una velocità spesso superiore alle capacità organizzative del sistema salute. Ciò premesso, ad oggi viviamo una fase di riemergenza significativa del problema, con un numero di infezioni stabilmente crescente a partire dal mese di novembre 2023. Tuttavia, l'impatto sul sistema sanitario è molto differente rispetto al recente passato, perché all'aumento di infezioni non si accompagna un aumento dei casi di malattia grave, a sua volta ancora non impattante in modo significativo sulle organizzazioni sanitarie.
È evidente quanto in questa fase epidemiologica la gestione della malattia da COVID-19 sia divenuta progressivamente sempre meno ospedalocentrica e più cost-effective adottando strategie di periferizzazione. In altri termini, il Medico di Medicina Generale, da “sentinella” pronta a identificare rapidamente i casi di malattia grave, è diventato (o dovrebbe diventare) uno degli attori dei programmi vaccinali e il gestore primario della terapia antivirale nei soggetti a rischio.
È necessario, pertanto, implementare la cultura relativa all’utilizzo delle risorse terapeutiche gestibili a domicilio, rappresentate dai farmaci a somministrazione orale. Al momento il farmaco di riferimento per la terapia orale, nirmatrelvir, rende necessaria per le sue caratteristiche farmacocinetiche la co-somministrazione di un booster, rappresentato da ritonavir, che riducendone la velocità di metabolizzazione consente regimi posologici molto accettabili per il paziente.
Ritonavir, farmaco da molto tempo utilizzato negli schemi di terapia antiretrovirale, ha tuttavia il problema di interagire significativamente con le vie di metabolizzazione di numerosi farmaci utilizzati per differenti condizioni cliniche. Questo rende spesso problematico, specie per il mondo professionale che opera a domicilio, gestire correttamente il problema delle interazioni farmacologiche, dando da un lato il giusto valore a quelle maggiori e smitizzando dall’altro il rischio per quelle minori.
Da qui nasce l’idea di questo corso che si propone di aiutare i clinici a identificare le categorie di rischio maggiore e, allo stesso tempo, di fornire un semplice quanto completo strumento per una migliore gestione delle potenziali interazioni farmacologiche.